SEMPER FIDELIS
Racconto completo

CAPITOLO 1


Normale amministrazione



Ufficio di H
(zona relax)


Una giornata come tutte le altre. H, così preferiva farsi chiamare dai suoi clienti, se ne stava stravaccato dietro la sua scrivania. Stava accartocciando un foglio di carta dietro l’altro, osservando fisso il cestino addossato al muro dall’altra parte dell’ufficio. Lanciò una pallina: cilecca. Osservò incurante i vari colpi falliti nelle vicinanze del suo obiettivo, si voltò verso la scrivania, prese un trancio di pizza e si mise a fissare il soffitto.
Alla noia che c’era lì dentro si poteva stringere la mano.
Era da un bel po’ di tempo che non aveva clienti, ma non si poteva lamentare visti i “servizi” che offriva. Servizi di cui, visto l’onorario, pochi a Londra potevano usufruire.
Quando ormai era arrivato a pentirsi di essersi messo in proprio, H sentì bussare alla porta dell’ufficio. Quel suono fu più efficace di molti ricostituenti messi insieme. Si sedette dritto sulla sedia, chiuse il cartone della pizza e disse con fare cerimonioso: “Chi è? Farsi riconoscere.”. Aveva ideato quello stratagemma per liberarsi di possibili scocciatori. L’altro per tutta risposta fece passare sotto lo stipite della porta cento bigliettoni. H si alzò, prese il “riconoscimento” e controllandolo si risedette dietro la scrivania: “Avanti.”.
Entrò un tizio vestito elegantemente, il classico lord inglese. Sulla mezz’età, con capelli e baffi pettinati alla perfezione. Appena entrato diede una brutta occhiata al cestino con le palline intorno e alzò leggermente il labbro superiore in senso di disprezzo. Tutti così erano quei vecchi snob ricconi sfondati appartenenti ormai ad una classe nobiliare decaduta. Ad H non piaceva proprio, come del resto tutti i suoi clienti. L’unica cosa che gli importava era che lo avrebbe pagato profumatamente.
Lo fece accomodare su una poltroncina davanti alla scrivania ed egli si sedette con fare circospetto e si presentò. La classica frase che, a sentire H, sapeva di cotto e stracotto: “Sono il Barone Lucius Leichester, molto piacere.”. “Io invece mi chiamo H, ma lei può tranquillamente chiamarmi Nessuno…”. Il tizio lo guardò con aria interrogativa: “Perché Nessuno?”. H rispose con un ghigno: “Mi pare ovvio, perché… Nessuno è perfetto! Ma adesso parliamo di lavoro. Mi dica perché vuole ingaggiarmi.”.
Il barone si fece immediatamente serio. “E’ da circa un mese che un individuo di cui non conosco l’identità manda lettere minatorie a me e alla mia famiglia. Inizialmente non ci ho dato molto peso, ma ora è passato dalle parole ai fatti. Aveva chiesto dieci milioni di sterline per lasciarci in pace. Io non gli ho dato nulla, ovviamente, ma trascorso il termine ultimo ha cominciato a passare dalle minacce ai fatti. La mia auto è esplosa, fortunatamente senza nessuno a bordo, e un incendio doloso ha distrutto un’ala del mio castello; sono veramente sconvolto. Se non pago entro una settimana la cifra richiesta, rapirà mia figlia! Non so che fare, mi sento inerme e per questo mi sono rivolto a lei. Non mi fido della polizia, la cosa diverrebbe pubblica e getterebbe fango sull’onore della mia famiglia. Spero di poter confidare sulla sua discrezione.”
H aveva ascoltato in silenzio. “Beh, effettivamente sono il migliore sulla piazza.”… non che ce ne fossero tanti come lui a dirla tutta! Riprese subito: “Ma cosa vuole che faccia di preciso?”. Il barone rabbuiato in volto e con voce ferma e decisa rispose: “Voglio che lei trovi quel bastardo e che lo uccida.”. H non riuscì a mascherare il sorrisetto che gli si dipinse in faccia: evviva la diplomazia dei lord inglesi! “Riceverà tutti i dettagli inerenti al caso domani mattina. Voglio che si metta subito all’opera. Verrà ricompensato come merita, si fidi.”.
Soldi. Ecco l’argomento che H preferiva. Farsi comandare un po’ meno: “Ehi ehi, amico, vacci piano. Non osare più impartirmi ordini in questa maniera! Comunque accetto il lavoro. In settimana le sarà recapitato il preventivo sul mio onorario.”. Lucius rimase un po’ scioccato, poi si alzò e strinse la mano ad H. Non vedeva l’ora di andarsene. Gli diede infine un biglietto da visita e aperta la porta se ne andò.
Congedato il barone, H tornò a sedersi. Prese un altro trancio di pizza e se lo mise in bocca, poi aprì un cassetto della scrivania e ne estrasse la sua Beretta Px4. La caricò. Ogniqualvolta riceveva un incarico nuovo si sentiva veramente gasato, tanto quanto il giorno del suo ingresso nei Rangers.



CAPITOLO 2


Informatori



Peckham, Londra (Regno Unito)


H rimase nel suo ufficio per un tempo indeterminato, mangiando pizza e meditando sul da farsi. La prima cosa che aveva imparato da quando si era messo in proprio era che non bisognava mai fidarsi di nessuno, soprattutto dei clienti. Gli era già capitato infatti che, una volta concluso un caso simile per un’altra famiglia danarosa, questa avesse tramato per farlo sparire dalla circolazione. Spesso arrivava a carpire informazioni compromettenti e quegli aristocratici non vedevano di buon occhio la cosa. Truffe, omicidi velati e altri scandali, ce n’erano per tutti i gusti, tanto che se H avesse fatto il ricattatore non avrebbe più tanti problemi economici. Solo che non era nel suo stile essere così vile, ma i lord per non sbagliare commissionavano spesso il suo omicidio.
Comunque sia, da quando H aveva rischiato la pelle la prima volta, ha smesso di usare il suo vero nome. Si fa conoscere solo come H dai suoi clienti, soprannome derivato dal modello di fucile d’assalto che usava nelle “grandi occasioni”: lo Scar-H.
Finita la pizza, si alzò, prese il cappotto e uscì. Si avviò nel garage sotterraneo. Le cose al mondo che piacevano ad H, forse ancor più dei soldi e delle sue armi, erano le auto. Prima fra tutte la sua Aston Martin DB9, che aveva ricevuto come ricompensa per un lavoro svolto tempo prima. Salì e la mise in moto: “Eccoci qua, piccola. Abbiamo un altro lavoretto da fare, sei contenta?”.
Uscì dal parcheggio del suo ufficio situato in Piccadilly Circus e si avviò verso il quartiere di Peckham, nel sud di Londra. Era un viaggetto abbastanza lungo, ma l’UNICA persona che poteva aiutarlo abitava proprio in quel quartiere malfamato.
H non conosceva molte persone fidate in città. Una di quelle era proprio lei, Cheryl, una ragazza americana che si era trasferita a Londra dagli States, proprio come lui. A dire la verità, poca gente entrava in confidenza con H. Era un tipo molto strafottente con cui era difficile discorrere senza infuriarsi. Se disgraziatamente questo avveniva e qualcuno tentava di passare alla mani contro di lui, H aveva l’abitudine di piombarlo sul posto senza pensarci due volte.
Era un vero duro, forgiato dall’estenuante addestramento dei Rangers. Sostanzialmente era allegro e spensierato, ma quando era in servizio diventava un sicario esperto e temibile, che insegue la sua preda fino a braccarla e ad eliminarla senza pietà.
Fisicamente, però, non era un body-builder dai muscoli scolpiti e difficilmente si cimentava nel combattimento corpo a corpo.
Secondo la sua amica Cheryl, una delle poche persone che riusciva a parlarci insieme senza diventare un colabrodo, H avrebbe potuto fare strage di cuori se avesse messo la pistola da parte.
Aveva i capelli neri che teneva sparati in ogni direzione usando dosi sconsiderate di gel. Gli occhi erano di un azzurro chiarissimo, simile al ghiaccio, ma lui li nascondeva sempre dietro un paio di occhiali da sole. Non li toglieva praticamente mai, se non per sostituirli con una paio a visione notturna quando decideva di fare il cecchino alle due di mattina. Era di corporatura normale, molto alto, e l’espressione che aveva solitamente faceva trasparire la sua quasi totale mancanza di fiducia verso il prossimo. Scettico, diffidente, arrogante. Per mimetizzarsi meglio con la notte, anzi il suo regno come amava definirlo, indossava sempre un trench di pelle nera bordato di rosso.
Ormai era quasi arrivato. Si fermò a un parcheggio pubblico fuori Peckam. In certi quartieri era meglio evitare di transitare con macchine del genere: non era il classico luogo consigliato dalle guide turistiche. Prese un autobus e arrivò davanti alla casa dell’amica. Busso tre volte a intervalli di un secondo, segnale che si erano accordati di fare tempo prima. Una voce femminile si udì da dentro l’appartamento: “H… sei tu? Entra, muoviti.”.
Concisa e sbrigativa. Ecco in due parole illustrata la personalità di Cheryl. Una donna molto bella e affascinante. Capelli neri portati corti su un viso perfetto. Non molto alta ma tutto di lei era proporzionato. Un fisico atleti e una carnagione ambrata. “Cosa spinge fin qui il mio criminale preferito?”. Anche H non era di molte parole: “Informazioni, e so che tu puoi darmene quante ne voglio.”. Lei lo fissò per un po’, poi disse con quel mezzo-sorrisetto che H odiava a morte: “Se sai che posso dartene quante ne vuoi, sai anche che le informazioni hanno il loro costo.”. L’ex Ranger sospirò: non sopportava i prezzi esagerati che quella maledetta ragazza gli proponeva, ma d’altra parte era una garanzia e la migliore che avesse mai trovato. “ Mi servono informazioni sulla famiglia Leichester. Mi hanno appena affidato un lavoretto, ma non mi fido di quei ricconi… Voglio sapere se c’è qualcosa sotto per cui possa rimetterci la pelle.”.
Lei ci pensò un attimo e poi disse: “I Leichester sono una famiglia abbastanza in vista qui a Londra, non sarà facile entrare sui siti che li riguardano. La cosa potrebbe costarti molto…”. ‘Potrebbe costarmi molto… sai che novità…!’, H se lo immaginava, per lei tutte le famiglie della città erano in vista! “Beh, adesso me ne vado. Ti pagherò non preoccuparti, ma fai in fretta. Conto su di te. Buon lavoro.”. Fece per andarsene. “Te ne vai di già?” chiese Cheryl. “Sì, non ho tempo da perdere.”.
Questa risposta la innervosì un po’, ma non aggiunse altro. Lo conosceva abbastanza bene e H non era uno che “perdeva tempo”.
Uscendo sulla strada, controllò d’istinto che la pistola fosse ancora nella tasca. Si sentiva più sicuro a tenerla in mano la sua Px4 in posti come quello. Si guardò intorno circospetto. Notò che il quartiere era completamente deserto e si avviò verso la fermata dell’autobus. Controllò distrattamente l’orologio per aggiornarsi su quanto tempo fosse passato. C’era poca luce, però, e non riusciva a vedere che ore segnassero le lancette.
Improvvisamente il quadrante di vetro si illuminò per il riflesso delle luci dei fari di un’auto. H si voltò e vide che un grosso SUV si stava avvicinando, puntando ad alta velocità contro di lui.



CAPITOLO 3


Rivelazioni





L’auto si avvicinava sempre più velocemente, abbattendo qualsiasi lampione, idrante o vattelappesca che trovasse lungo il suo inesorabile percorso. H avrebbe fatto la stessa fine. Senza pensarci due volte l’ex Ranger saltò di lato e il veicolo gli passo a qualche centimetro di distanza; se si fosse mosso un secondo più tardi i paramedici lo avrebbero raccolto da terra con un cucchiaino. Si voltò per scrutare quel pirata della strada. ‘Pezzo di idiota’ fu la prima cosa che gli venne in mente. Ma ciò non si riferiva tanto al fatto che aveva rischiato di investirlo: il SUV stava per schiantarsi contro un muro! Il conducente tentò di virare ma, perso il controllo, andò a sbattere lateralmente contro un’abitazione. Tutto sommato ci rimise solamente una fiancata, ora si preparava a caricare nuovamente H. Ben conscio che lui era l’obiettivo di quel dannato macchinone e che questa volta schivarlo sarebbe stato veramente arduo, il killer estrasse la Px4 e fece saltare le gomme anteriori del veicolo con due colpi precisissimi. Questo non cedette e continuò la sua inarrestabile marcia. ‘Povero pazzo… sei mio!’. Sparò un colpo sul parabrezza dell’auto diretto contro la fronte del conducente. Il proiettile però rimbalzò via. ‘Cazzo! Vetro antiproiettile… forse l’ho sottovalutato un po’ troppo.’. L’auto intanto, seppur più lenta di prima, continuava ad avanzare. Ormai H poteva contare solo sulla sua ultima carta da giocare. Estrasse da una tasca interna del trench una granata a frammentazione: un souvenir di quando era uscito dai Rangers. Non era nel suo stile usare gli esplosivi, preferiva agire con finezza e con metodi precisi, ma ora non era il caso di andare tanto sul sottile. Tolse la sicura e la lanciò sotto il SUV. Il gesto non scappò all’autista che aprì tempestivamente la portiera e saltò fuori dal condannato veicolo un istante prima che la granata esplodesse. Il tizio s’infilò in un vicoletto laterale, tallonato da H con la pistola in pugno. Da come si muoveva, dava l’impressione di conoscere perfettamente quella zona di Londra. H molto meno. Il tizio inseguito continuava a svoltare rapidamente da una viuzza all’altra. Dopo un quarto d’ora, finalmente imboccò un benedetto vicolo cieco che lo obbligò a fermarsi. Alzò le mani e si inginocchiò a terra. H aveva il fiatone: era dagli addestramenti dei Rangers che non correva più così tanto e il poco allenamento cominciava a farsi sentire. Gli si avvicinò e gli disse, cercando di mantenere la sua solita calma: “Se credi che basti inginocchiarsi davanti a me alzando le mani per venire risparmiati, ti sbagli di grosso bello.”. Gli puntò la pistola sulla testa, ma l’altro disse: “Fermo! Ho informazioni che potrebbero interessarti!”. “D’accordo, parla. Vedi di non sparare cazzate che non ho tempo da perdere… anche perché potrebbero essere le ultime della tua vita.”. L’uomo inginocchiato era visibilmente agitato e disse singhiozzando: “Tu sei stato ingaggiato da Leichester per farmi fuori, vero?”. H annuì, senza mostrarsi minimamente sorpreso delle informazioni in possesso di quel tale e gli rispose: “Bene, è stato più semplice di quanto pensassi trovarti, amico. Quel riccone mi ha detto che gli hai dato fuoco a un pezzo di castello, gli hai fatto esplodere una macchina e l’hai minacciato di rapire sua figlia se non ti avesse pagato dieci milioni di sterline.”. A quelle parole, dapprima increspò le labbra in un sorrisetto, poi cominciò a ridere di brutto. “Proprio come immaginavo. Ti sta prendendo per i fondelli, caro il mio mister H.”. Prese coraggio e si alzò. “Tutti gli incidenti che Leichester ha imputato a me, sono in realtà un’invenzione. Quel bastardo vuole incastrarmi!”. Un’ombra di sorpresa passò sul volto di H. Non succedeva spesso, comunque non accennò ad abbassare la pistola. “Ma tu chi diavolo sei?”. “Non sono tenuto a dire il mio vero nome. Non lo fai nemmeno tu del resto. Tu puoi chiamarmi Jack. Sono un ex-dipendente di una delle tante imprese Leichester. Sono venuto a conoscenza di… alcuni scandali interni all’azienda in cui lavoravo.”.”Che scandali?”. “Non te lo dirò mai bello, neanche a costo della vita. Basta che tu sappia che dopo aver ottenuto le prove sufficienti ho denunciato tutto alle autorità e ora sono uno dei testimoni chiave nel processo contro i Leichester che sta avvenendo in questo periodo. Sicuramente non te ne ha parlato il vecchio Lucius: hanno speso fior di quattrini per insabbiare tutto quei delinquenti! Sono sotto la protezione della polizia, ma non basta. Gli altri testimoni sono morti tutti in circostanze sospette, ma non ci vuole un genio per capire che dietro a tutto ciò ci sono quei lord e i sicari che ingaggiano. Ma quei bastardi fanno sparire anche questi ultimi e con te la musica non cambierà: morirai come tutti gli altri!”. H gli si avvicinò e gli puntò la sua Px4 a fondo sulla tempia sinistra con una velocità indescrivibile. Jack lo guardò fisso negli occhi impaurito. “Non osare mai più rivolgerti a me in questa maniera pivello.”. Dato che l’altro sembrava aver recepito il messaggio lanciatogli, H abbassò la pistola e indietreggiò di un paio di passi. “E se io non ti credessi? Come puoi dimostrare quello che hai detto? Dammi una prova di quello che hai detto e vedrò se lasciarti in vita.”. Jack si rincuorò un po’. Quando il battito cardiaco gli tornò alla normalità disse: “Ti basta andare a controllare in Questura. Sono sotto la loro protezione e se non lo sanno loro…”. H lo colpì con il calcio della Beretta alla testa. “Parli troppo amico, fatti una bella dormita e dammi tregua.”. Se lo caricò sulle spalle e si avviò verso la più vicina stazione dei bus per tornare alla sua amata DB9. Intanto pensava ai Leichester… ‘Chissà in quali scandali saranno coinvolti quei doppiogiochisti… comunque sia non riusciranno ad uccidermi quei maledetti.’.



CAPITOLO 4


Attentato



Castello dei Leichester


Non appena il bus arrivò, H salì tranquillamente con Jack sulle spalle. L’autista gli lanciò uno sguardo annoiato e tornò a fissare la strada oltre il parabrezza. “Perfetto,” pensò H “nessuna domanda. Stimo questo genere di persone.”. Quando l’autobus arrivò al parcheggio, H scese ed entrò nella DB9. Fece sdraiare Jack, ancora svenuto, nel sedile dietro, e messa in moto l’auto si avviò verso la sede della polizia di Londra: Scotland Yard, a Westminster.
Erano trascorsi una decina di minuti ed erano quasi di fronte all’edificio quando gli squillò il telefono: era Cheryl. “Che vuoi?”. “Ciao H, anch’io sono felice di sentirti! Lasciamo perdere… comunque ho trovato qualcosa di grosso. Il nostro amico Leichester è invischiato in un gran bel casino a quanto sembra. Navigando in Internet ho trovato alcuni blog strapieni di accuse a suo carico. Pare che sia accusato da più persone in più zone del mondo di testare nuovi medicinali su cavie umane: bambini provenienti da orfanotrofi. La famiglia Leichester adotta questi ragazzini, accrescendo così il suo buon nome e alla fine Lucius testa i nuovi farmaci su di loro. L’attendibilità di ciò che ti ho riferito è mediocre trattandosi di semplici blog, però se tutto ciò fosse vero sarebbe lo scandalo del secolo…”. Cheryl fece una breve pausa. “Ho davanti a me la pagina forse più spudorata di tutte che riporta i particolari dei test effettuati… ho fatto una faticaccia ad entrare, ti costerà molto caro… comunque se può interessarti l’autore è un certo Jack, che sembra aver lavorato…”. Non appena H sentì il nome ‘Jack’ si illuminò di colpo. “Ferma Cheryl. Lascia perdere il discorso delle aziende legate al nome Leichester e cerca informazioni su tutte le persone che hanno mosso denunce contro di loro, controlla i testimoni, che fine hanno fatto e i processi tutt’ora aperti che li riguardano. Io intanto sto seguendo una pista.”. “Agli ordini, capo. La cifra che mi devi però sarà radd…”. H chiuse la chiamata.
Parcheggiata l’auto, si voltò e svegliò bruscamente il passeggero che si portava appresso. “Ok, ti credo sul conto di Leichester, voglio aiutarti, ma agiremo a modo mio ok?”. Jack era ancora leggermente stordito, ma comprese quello che H voleva dirgli ed annuì. “Bene, ti spiego quello che farò adesso. Andrò a parlare con Lucius riguardo al lavoro che dovrei svolgere, tu nel frattempo resta nascosto in macchina. Esci dall’auto e scappa se le cose dovessero andare storte… ma ne dubito.”.
Il maniero dei Leichester era fuori città e gli ci volle un po’ per arrivare. Stava calando la sera. H uscì dall’auto con la pistola, carica, in tasca. Si avvicinò alla cancellata dell’ingresso e suonò il campanello. Gli rispose una voce metallica e lui si presentò : “Sono H, devo parlare con Mr. Lucius.”. Poi ritornò in macchina e pochi minuti dopo si aprirono i cancelli. Percorso un lungo viale, arrivò al castello. Scese e si avviò verso l’imponente portone d’entrata. Un maggiordomo lo accolse e lo fece accomodare all’interno di un salottino, dicendo: “Il signor Leichester sarà da voi a momenti. Fintanto che aspetta, può stare qui.”. La solita pappardella. Dopo un tempo che a H sembrò lunghissimo, si alzò in piedi per sgranchirsi e cominciò a camminare per la stanza guardandosi intorno: su un antico orologio a pendolo vide che erano passati solamente due minuti da quando il maggiordomo se n’era andato. Dopo venticinque minuti trascorsi a vagabondare per quella maledetta stanza, si fermò vicino a una grande scrivania fatta di una qualche varietà di legno pregiatissimo e costosissimo. Tirò fuori la pistola dalla tasca e si mise a controllarla con fare annoiato. Avrebbe voluto uccidere Leichester solamente per averlo fatto attendere così a lungo, ma intanto l’unica cosa che poteva veramente ammazzare era solamente il tempo. Per errore, H fece cadere il caricatore della Px4 a terra. Si chinò per raccoglierlo, ma nell’atto gettò per caso lo sguardo sotto la scrivania. Una piccola, minuscola, quasi impercettibile luce rossa stava lampeggiando. E le luci rosse lampeggianti non promettono niente di buono. H lo sapeva bene e tentò di illuminare meglio la zona da cui proveniva quel bagliore intermittente con il cellulare. C-4 era scritto in grassetto su di un dispositivo. “Cosa diamine ci fa una bomba qui?”. Corse più forte che poté verso la dannata porta da cui era entrato. Vi si scaraventò letteralmente addosso e rotolò giù per la scalinata fino a terra. Corse verso la DB9 per scappare, ma quando arrivò Jack non c’era. Una portiera era stata scassinata e l’interno era devastato, molto probabilmente c’era stata una lotta corpo a corpo e Jack aveva avuto la peggio. H sentì in lontananza il rumore del motore di un’auto, lasciò da parte il dolore nel vedere il suo gioiellino a quattro ruote ridotto in quello stato e cominciò a correre verso quel suono che aveva udito. Dietro un paio di alberi notò un fuoristrada ed il maggiordomo di prima che teneva Jack tra le braccia. Mise il caricatore della Beretta che aveva ancora in mano nella pistola, prese la mira e fece fuoco un paio di volte. Il maggiordomo, colto di sorpresa, non poté far altro che accasciarsi al suolo, mentre una grossa macchia di sangue si allargava sotto di lui. Un secondo uomo scese dal fuoristrada, ma non ebbe nemmeno il tempo di puntare la sua arma contro H che un’ altro dei suoi proiettili lo colpì in fronte. Eliminati i due ostacoli, H si avvicinò a Jack e lo raccolse da terra, per la seconda volta in quella giornata, quindi si diresse rapidamente verso la sua DB9. Lo caricò in auto sul sedile anteriore di fianco al posto del guidatore e salì anche lui a bordo. Avviò il motore e partì a razzo per tornare in città. ‘Perché vado così di fretta… me ne sono dimenticato…’. Proprio in quel momento un enorme boato rimbombò nell’atmosfera, e dopo altri a catena lo seguirono. H frenò e si voltò: il castello dei Leichester era esploso, ad occhio e croce non ne era rimasto in piedi un centimetro quadrato. ‘Giusto, la bomba! Accidenti mi sono perso l’esplosione in tempo reale! Tutta colpa tua Jack!’. La polizia di lì a poco sarebbe giunta per fare un sopralluogo e H non ci teneva a rispondere a tutte le domande che gli avrebbero fatto, sul perché lui fosse lì, sul perché il maniero fosse esploso, sul perché ci fossero due cadaveri nella strada… così, con un ghigno, spinse a fondo ancora di più l’acceleratore, lasciandosi alle spalle un suggestivo sfondo di fiamme e fumo.



CAPITOLO 5

Ultimi preparativi



Satellite artificiale in orbita attorno alla Terra


Dopo che Jack si fu completamente ripreso, H gli spiegò tutto ciò che era successo dopo che aveva avuto la peggio con il maggiordomo. Finito il resoconto della situazione, Jack incredulo disse: “ Lucius ha addirittura fatto esplodere il suo castello per eliminarti? Caspita, non conosce proprio mezze misure… Però tutto questo mi suona strano: perché avrebbe dovuto ucciderti dopo nemmeno ventiquattrore dal tuo ingaggio? Neanche avesse saputo che eri a conoscenza dei test…”. In quel momento ad H squillò il cellulare, che dopo l’ultima chiamata aveva riposto nella tasca interna del suo tranch. Interruppe il suo interlocutore e fece per prendere il telefonino con fare lezioso: stava riflettendo anche lui su come potesse Leichester essere a conoscenza dei suoi piani. Si bloccò di corpo, un piccolo oggetto metallico attaccato al tranch in prossimità della tasca interna attirò la sua attenzione. Lo staccò, lo osservò intensamente e disse: “Le porgo i miei cordiali saluti Mr Lucius Leichester, o chi per sta ascoltando in questo momento… e vada al diavolo!”; quindi abbassò il finestrino e gettò la cimice grazie alla quale il lord inglese intercettava tutte le sue conversazioni. Dopo essersi maledetto per non essersi accorto prima di quell’inconveniente, H disse a Jack: “Bene, adeso sappiamo come faceva il vecchio Lucius a sapere tutto di noi.”. Prese dunque il cellulare che stava ancora squillando. Era Cheryl, ma lui chiuse la chiamata: non era dell’umore giusto per rispondere…
Dopo una breve pausa, Jack chiese: “Che facciamo adesso?”. “Che facciamo? Semplice: sopravviviamo.
Adesso, visto che non è riuscito a farci fuori, arruolerà contro di noi anche le armate dell’inferno. Con tutti i soldi che ha quel tipo, dovremmo prepararci ad essere accolti da un intero esercito.”. “E quindi? Come ci comportiamo?”. Nonostante gli immancabili occhiali da sole, Jack vide gli occhi di H come infiammarsi: “E quindi, prima ancora che lui possa mettere mano al portafoglio, dovremmo farlo zittire una volta per tutte. Sai sparare?”. “Ho una certa confidenza con le armi da fuoco. Devi sapere che prima di lavorare per i Leichester, abitavo negli USA ed ero nell’esercito. Purtroppo, però, fui ferito durante un’operazione militare in Iraq e così mi congedai. Dopo aver lasciato l’esercito mi trasferii qui a Londra ed entrai nelle industrie farmaceutiche Leichester… il resto lo sai.”. Non appena H ebbe sentito che Jack era stato nell’US Army, si illuminò di colpo: “Eri nell’esercito… in che corpo eri arruolato?”. “USMC, United States Marine Corps. Perché me lo chiedi? Eri anche tu nell’esercito?”. “Sì. Primo battaglione, 75esimo reggimento Rangers , fanteria.”. Jack sorrise e poi chiese: “Cosa stai macchinando, ranger?”. “Beh, intendo fare una piccola visita a Lucius per ricambiare la sua calda accoglienza di poco fa. Oggi siamo stati fortunati, ho trovato casualmente la bomba che ha fatto saltare in aria il castello poco prima che esplodesse e sono arrivato qualche istante prima che ti portassero via. Visto che la dea della fortuna ci sta graziando, meglio approfittarne.”. Jack annuì, però poi chiese: “Ma come faremo a trovare Leichester? Ormai potrebbe aver lasciato la città…”. Per tutta risposta, H riprese il cellulare e, mentre componeva un numero, rispose a Jack dicendogli: “Si può trovare tutto. Basta avere i contatti giusti.”. H avviò quindi la chiamata e disse: “Cheryl, sono io H. Scusa piccola se prima non ti ho risposto, ma adesso ho bisogno di un favore. L’auto di Leichester ha sicuramente un antifurto satellitare, mi servirebbe che tu ti collegassi al satellite e cercassi il segnale dell’auto e me lo inv…”, ma Cheryl lo interruppe dicendogli: “Fermati. Non ti serve quel tracciato: sono entrata nel suo conto in banca e ho visto che ha noleggiato un elicottero. Non posso trovarne le coordinate esatte, avrei bisogno di rimanere collegata al satellite per troppo tempo, rischiando di farmi individuare…”. “Va bene, Cheryl. So come trovarlo ugualmente. Inviami i dati riguardanti l’elicottero con un’e-mail.”. Dopo qualche istante lei disse: “Ecco fatto, ma non so..”, “Grazie di tutto, Cheryl.”. H chiuse la chiamata e compose un altro numero: “Pronto? Sei tu, Patterson? Perfetto. So che hai i minuti contati, quindi sarò breve: devi trovarmi la posizione di un elicottero. Troverai tutte le informazione che ho sul velivolo al solito indirizzo e-mail. Inviami il tracciato sulla stessa casella. Ti sono debitore.”. Jack lo guardò sorpreso e disse: “Caspita, non gli hai dato nemmeno il tempo di salutarti…”. “Non ha tempo: è un mio ex commilitone, ha lasciato anche lui i Ranger ed è entrato nel NORAD, North American Aerospace Defens Command. Quello che sta facendo per me può costargli il lavoro e qualche anno di galera, meglio fare chiamate brevi per non essere rintracciati.”.
Dopo qualche minuto, quando ormai erano giunti in prossimità di Piccadilly Circus, H riprese in mano il telefono e controllò la posta elettronica. “Secondo il tracciato inviatomi da Patterson, l’elicottero si è fermato in questo punto dell’oceano Atlantico.” e detto questo mostrò a Jack un punto di un’immagine satellitare sul telefono. “Cavolo! Era lì che lavoravo! È proprio dove Lucius fa i suoi test sugli orfani!”. “Vuoi dirmi che ha un laboratorio in mezzo all’oceano?”. “Già, all’interno di una petroliera… come pensi di arrivarci?”. H rispose, con la classica espressione annoiata che fa di solito la gente quando è stanca di ripetere la stessa cosa: “Ho i miei contatti...”.
Arrivarono in prossimità dell’ufficio di H ed egli parcheggiò l’auto poco distante. I due uscirono e si diressero verso l’ufficio. Mentre H apriva la porta, Jack gli chiese: “Che posto è questo?”. L’altro non rispose e scrisse un SMS con il suo cellulare. Entrato, guidò Jack all’interno di un piccolo sgabuzzino dove premette un pulsante nascosto vicino all’interruttore della luce. Subito dopo alcuni vani nascosti nelle pareti con rastrelliere colme di armi di ogni genere si aprirono. H si voltò ad osservare il volto esterrefatto di Jack e disse: “Benvenuto nel mio mondo. Qui le regole le faccio io e questi sono gli strumenti che uso per farle rispettare.”. Detto questo, lanciò a Jack un M4: “Marine, sei con me?”. L’altro, per tutta risposta, caricò il fucile d’assalto e rispose: “Mettiamo fine a questa storia una volta per tutte, ranger!”.



CAPITOLO 6


Assalto finale



Scar H


Armati di tutto punto, H corse con Jack sulla DB9 e raggiunse un eliporto di proprietà di uno dei suoi tanti “conoscenti”. Nonostante l’ora, il titolare prestò un elicottero ad H senza battere ciglio e quest’ultimo, salitoci con il compagno, decollò. Durante il volo Jack chiese ad H: “Dove siamo diretti?”.“Verso la costa sud dell’Inghilterra. Là vive un mio amico che ha una nave e che ci può dare un passaggio fino al punto indicatoci da Patterson.”. Una volta arrivati a Brighton, la cittadina dove erano diretti, salirono senza perdere nemmeno un istante sulla nave già preparata per loro dall’amico di H. Si diressero verso la zona dove, secondo i satelliti del NORAD, si trovava il velivolo usato da Lucius. Dopo qualche ora, tempo che ai due sembrò interminabile, arrivarono in prossimità del punto indicato sulla foto satellitare e videro l’enorme petroliera con le insegne delle Industrie Leichester sulla fiancata. ‘Bingo’ pensò H soddisfatto.
Caricarono tutte le armi e si camuffarono in modo da non essere riconosciuti facilmente. Quando la loro nave passò accanto a quella gigantesca di Leichester, i due procedettero all’assalto. Salirono sul ponte principale e corsero verso la scala che portava sottocoperta. Furono avvistati, però, da una guardia che puntò loro una pistola; stava per minacciarli con presumibilmente un “Fermi o sparo!”, ma non ne ebbe il tempo di aprir bocca che una raffica di fucile lo falciò in pieno petto. Si lanciarono sottocoperta e colpirono senza pietà tutti coloro che cercassero di ostacolare la loro inesorabile marcia.
Ad un certo punto H si rese conto che Jack non lo stava più seguendo. Tornò indietro urlando: “Muoviti, non abbiamo tempo da perdere!”. Poi, però, forse per la prima volta in vita sua, si pentì di quello che aveva detto: vide Jack come ipnotizzato a guardare fra le sbarre di quella che a prima vista sembrava una cella. Quando fu più vicino si accorse che all’interno era pieno di bambini, e non sembravano essere in buone condizioni fisiche e igieniche. Scostò Jack, che era ancora scioccato dal modo in cui erano trattati quei poveri orfanelli, e sparò qualche colpo contro la serratura. Aprì la porta e lanciato il suo cellulare al più grande fra quelli rinchiusi nella cella ordinò: “Chiama la polizia e digli che vi trovate qui in mezzo all’oceano su una petroliera dei Leichester. Voi altri intanto non muovetevi di qui, CHIARO?”. Il ragazzetto che aveva ricevuto il telefonino annuì spaventato. H diede uno scossone a Jack: “E adesso muoviamoci, non mi piace lasciare i lavori sospesi a metà!”. Questi si riprese di colpo, come se fosse stato svegliato da un sonno profondo. Percorsero un lunghissimo corridoio che pareva attraversare tutta la nave da parte a parte e infine lo videro: proprio lui, Lucius Leichester, seduto dietro una scrivania intento a contare del denaro. Jack fece per puntargli il fucile contro, ma H lo fermò. Estrasse da una tasca una carica di C4 e disse sottovoce: “Devo pur ricambiare il favore.”. Applicò la bomba all’interno della stanza e chiuse nuovamente la porta. Lucius, consapevole di non avere più scampo e quasi impazzito per questo, gettò tutte le banconote a portata di mano in aria e si mise a ridere. Era una risata amara, un intruglio di tristezza, pazzia, rimpianto per la sua smania di arricchirsi anche illegalmente; ma oramai era troppo tardi per ricominciare e ne era consapevole egli stesso. Era quasi grato ai due suoi esecutori di aver come redento le sue colpe.
La bomba esplose quando ormai H e Jack erano distanti, facendo saltare in aria Leichester con tutti il suo sporco denaro. Un’esplosione di modeste dimensioni, ma che non comprometteva la stabilità della grossa petroliera. I due uscirono velocemente dalla gigantesca nave, ma mentre H si stava arrampicando giù per un fianco della nave per tornare a bordo di quella del suo amico si accorse che il bambino a cui aveva dato il telefono lo stava fissando da lontano, con uno sguardo pieno di gratitudine. H si limitò a sorridergli e non appena scese con Jack sulla barca, fuggì. Poco dopo arrivò la guardia costiera.

“[…] la guardia costiera ha così tratto in salvo i bambini prigionieri della nave di proprietà delle Industrie Leichester. Le accuse portate contro i Leichester da tutto il mondo sembrano quindi aver trovato un fondamento. Purtroppo, però, lo stesso titolare della società, Lucius Leichester, è stato trovato morto carbonizzato, presumibilmente da un’esplosione. Anche gran parte dell’equipaggio è morta, probabilmente in un conflitto con armi da fuoco, e la restante parte di questo, dichiarando di non sapere nulla a riguardo dei loschi affari di Leichester, è stata arrestata per complicità. Non si hanno ancora informazioni riguardo a coloro che hanno commesso la strage…”

H appallottolò il giornale nel quale era riportata la notizia e fissando il cestino disse: “Amo i lavori puliti.”. Quindi lanciò la pallina di carta e fece canestro.



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