LE (DIS)AVVENTURE CARNEVALESCHE DI SANDRO
Racconto completo



Sandro, seduto alla scrivania, guardava fuori dalla finestra gli ultimi traghetti della giornata che si muovevano pigramente lungo il Canal Grande. Mentre fissava come ipnotizzato il riflesso sull’acqua delle loro luci, sua madre lo chiamò gridando dalla cucina: “Sandro, vieni a tavola, che sennò si fredda!”. Si alzò flemmaticamente dalla sedia per andare a cenare, ma prima di uscire dalla sua camera da letto diede una svelta controllata al suo vestito da carnevale. Il suo amato costume da scheletro, riciclato dallo scorso Halloween, era ancora nell’armadio appeso ad una gruccia. Non era proprio il massimo per la festa di carnevale, ma a Sandro piaceva e non aveva nessuna intenzione di comprarne un altro. Richiuse l’armadio e soddisfatto si avviò verso la cucina. Non vedeva l’ora che il giorno dopo arrivasse: era ansioso di andarsene a zonzo per Venezia, con la scusa del carnevale, per divertirsi con tutta la sua compagnia.
Bevuto il caffè e lavatosi i denti, se ne tornò nella sua stanza e si sdraiò sul letto. Nonostante l’agitazione, Sandro si addormentò quasi subito, sperando in questo modo di svegliarsi abbastanza presto l’indomani.
Così non fu. Quando al mattino aprì gli occhi e controllò la sveglia, era tardissimo! Si lanciò allora letteralmente fuori dalle coperte e spiccò un salto rugbystico per andare in meta, inciampò sulle ciabatte e si schiantò addosso all’armadio a muro, che per la botta si aprì e fece cadere tutti gli appendini appesi al suo interno addosso al povero Sandro, ricoprendolo completamente. Si alzò e imperterrito cercò di cambiarsi il più presto possibile nonostante il dolore lancinante che provava alla testa per lo scontro con l’armadio. Si tolse rapidamente il pigiama e indossò il costume da scheletro. Uscì barcollando dalla stanza ed accennò una corsa per percorrere velocemente il corridoio che lo separava dalla porta d’entrata; non fece nemmeno colazione.
Appena fuori di casa, sentì i rintocchi del campanile di San Marco indicare l’ora: le undici. Era in ritardo di un’ora! Non aveva assolutamente tempo da perdere, per cui riprese a correre. Nonostante la strada tra Rialto, dove abitava, e San Marco, dove si sarebbe tenuta la festa, fosse breve, a quell’ora era intasata da una moltitudine di persone che come lui si dirigevano in piazza. L’unica insignificante differenza era che nessuno aveva la sua fretta! Sandro, vestito da scheletro, dovette procedere zigzagando fra la gente che camminava per le calli: non era proprio il massimo per la sua reputazione, ma non aveva altra scelta. Dopo aver sbattuto contro almeno una dozzina di uomini, passò di soppiatto davanti a una signora che avrà avuto sì e no quarant’anni per gamba, facendole prendere un colpo: effetti collaterali del correre all’impazzata per Venezia alle undici di mattina vestiti da scheletro. La vecchia, spaventata, sobbalzò all’indietro urlando e scivolò dentro il canale. Fortunatamente per lei, precipitò su di una gondola di passaggio, più precisamente su un gondoliere di passaggio, che attutì la caduta dell’anziana signora proferendo una serie di parole che testimoniavano la sua assidua presenza nelle osterie della città.
Finalmente arrivò a San Marco e si perse fra le centinaia di persone mascherate. Dopo aver vagato senza meta per una buona mezz’ora, si arrese, rendendosi conto che non sarebbe mai riuscito a trovare i suoi amici, per cui uscì dalla calca e prese una via laterale, tentando di allontanarsi da quel caos. Mentre camminava tranquillamente fra botteghe e negozietti, si sentì come se qualcuno lo stesse spiando, ma non riusciva a capire bene dove potesse essere situata l’ipotetica spia, poiché i piccoli fori per gli occhi del costume da scheletro gli restringevano molto il campo visivo. Ad un certo punto si voltò e vide un negoziante che lo stava scrutando con uno sguardo carico d’astio. Sandro non si preoccupò affatto, anzi si mise a ridere sotto il costume: lo conosceva bene quel tipo, lui e i suoi amici lo avevano soprannominato Falco. Aveva l’abitudine di fissare tutti quelli che passavano, ma aveva uno strabismo allucinante: quando ti guardava con un occhio, l’altro partiva per gli affari suoi da tutt’altra parte… Questa volta, però, non era come tutte le altre; il suo sguardo era diverso e non prometteva nulla di buono. Infatti non appena sentì il suo risolino (la vista non era un granché, ma aveva un udito finnissimo) gridò: “Piccola canaglia! Oltre al danno la beffa!”. Quindi il vecchio si avvicinò con fare minaccioso a Sandro urlando a tutti gli altri nella via: “Aiutatemi a prenderlo! Mi ha rotto tutte le finestre a sassate!”. Sandro, nonostante non comprendesse perché quel bifolco lo stesse accusando pubblicamente di qualcosa che non aveva ricordi di aver fatto, scappò via: aveva sentito dire qualche anno prima che il Falco non si faceva problemi a mandare all’ospedale i seccatori, e lui non ci teneva proprio a sperimentare la veridicità di quelle voci. Il negoziante non lasciò perdere, anzi cominciò a corrergli dietro agitando un bastone. Quel vecchiaccio era anche un volpone: teneva il bastone unicamente per vezzo e la gioventù da bersagliere gli aveva garantito a vita un’agilità di gambe invidiabile. Ormai era in preda ad uno spirito patriottico d’altri tempi e Sandro per seminarlo dovette correre tantissimo, infilandosi in tutti i vicoletti possibili e immaginabili. Quando finalmente il Falco si fermò per riprendere fiato, Sandro vittorioso procedette correndo e gli urlò contro, sfoderando tutto il suo lessico: “Tornatene nel geriatrico, anticaglia!”. Non sottovalutando la capacità di recupero dell’apparato respiratorio del vecchio, Sandro cercò di mettere più strada possibile fra lui e il luogo dove il Falco si era fermato.
Quindi, sfinito, prese a camminare per un po’, finché non vide un ragazzo con addosso un vestito da scheletro sputato al suo che stava spruzzando su un muro laterale di una chiesa il contenuto di una bomboletta spray. E ci stava anche mettendo un impegno pazzesco quel vandalo nel fare il suo graffito. A Sandro l’accostamento venne quasi spontaneo: era stato quel tizio a rompere i vetri del Falco e questi se l’era presa con lui perché era vestito tale e quale al reale teppista… e perché di gente vestita da scheletro al carnevale di Venezia non ce ne doveva essere chissà quanta! Ora Sandro sperava solo che quel tizio non avesse perseverato nei suoi atti vandalici, altrimenti si sarebbe preso la colpa per tutto o quasi. Quindi si diresse verso di lui e gli gridò: “Ehi bello, che diamine stai facendo?!”. L’altro per tutta risposta gettò la bomboletta e scappò via. L’urlo di Sandro, però, aveva richiamato l’attenzione del curato all’interno della chiesa: il prete, che dimostrava di avere anch’egli parecchie primavere alle spalle, uscì dal portone e vedendo la parete profanata e la sagoma di una persona lì vicino, esclamò: “Sciagurati! Cosa fate alla casa di Nostro Signore?!”. Poi si mise gli occhiali e vide nitidamente la figura scheletricamente vestita di Sandro: “Eresia! I diavoli hanno profanato il cimitero e ora i morti camminano fra noi imbrattando i muri! Che Dio ci salvi dalle loro blasfemie!”. Si mise in ginocchio, fece il segno della croce e alzò il crocifisso che portava al collo, puntandolo verso Sandro, recitando il Padre Nostro. Per la seconda volta nel giro di una ventina di minuti, Sandro assunse un espressione confusa e se la diede a gambe, sia per non essere esorcizzato sia per inseguire il tipo vestito come lui.
Quindi, lasciando dietro di sé la nenia di preghiere del curato, si lanciò all’inseguimento del misterioso vandalo che gli stava procurando una marea di problemi ancora più alta dell’acqua alta a Venezia! Avendo perso tempo con il prete, l’altro scheletro aveva guadagnato un buon vantaggio, cosicché non riuscì più a trovarlo. Decise perciò di fermarsi un momento sopra un ponte per riprendere fiato, ma non poteva starsene con le mani in mano: nonostante fosse solo un lieve sibilo, sentiva ancora l’ecclesiastico che procedeva nella sua incessante preghiera e sicuramente, vista la fama di irriducibile, anche il Falco era sulle sue tracce. Doveva decidere cosa fare, e in fretta. Non sapeva dov’era andato il delinquente e se anche avesse azzeccato la direzione giusta non era detto che lo avrebbe trovato e poi magari sarebbe stato certamente incolpato per quello che il suo alter ego scheletriforme aveva combinato: nessuno poteva dire chi fosse il vero colpevole! Se invece fosse tornato indietro avrebbe trovato o il Falco in agguato o il prete animato da uno spirito esorcista sopito dai tempi della Santa Inquisizione a cui, vista l’età, probabilmente aveva preso parte. Mentre decideva sul da farsi, per caso notò uno strano movimento lungo la riva sinistra del canale. Si avvicinò al parapetto del ponte e si mise a scrutare meglio la scena che aveva destato la sua attenzione. Vide una sagoma scura che stava salendo su di una gondola. Si sporse per vedere meglio: quello che stava salendo sulla gondola era proprio il suo alter ego! Sandro non ebbe nemmeno il tempo per esultare di avere nuovamente trovato la sua preda che sentì una voce minacciosa provenire alle sue spalle: “Ti ho trovato, maledetta canaglia!”. Si voltò e si trovò davanti il vecchio Falco con tanto di bastone che lo fissava con il suo terribile occhio penetrante (l’altro come sappiamo aveva preso la tangente), e al suo fianco c’era il prete, con tanto di crocifisso d’argento in mano, in veste di neo inquisitore. Nel frattempo il vero vandalo si stava lentamente allontanando lungo il canale sulla gondola. Sandro si trovava in una situazione critica: davanti a se aveva il suo obiettivo che fuggiva e dietro coloro che volevano rispettivamente mandarlo all’ospedale e al rogo. Un lampo geniale gli fece intravedere l’unica soluzione possibile: gettarsi dal ponte… e così fece! Si lanciò in acqua sotto la sguardo incredulo dei suoi inseguitori. Nonostante l’azione durò solo pochi istanti, Sandro visse la scena come nei film, al rallenty: vide le facce sbigottite del Falco e del prete scomparire sotto al parapetto del ponte, mentre lui scendeva sempre di più verso il canale. Figuriamoci se una di quelle due cariatidi l’avrebbe seguito senza una barca, e qualora ne avessero trovata una si sarebbe già dileguato in tempo. Purtroppo, però, non aveva calcolato il possibile transito di una barca, che naturalmente passò proprio nel breve lasso di tempo nel quale stava gettandosi in acqua. Il barcaiolo si spaventò nel vederlo atterrare, ma avendo qualche primavera in meno del prete, capì subito che si trattava di un travestimento e non di uno scheletro in carne e ossa, anzi, solo in ossa. Disse ridendo: “Eh, già: di questi tempi le barche a Venezia si devono prendere al volo! Dove vai tanto di fretta, ragazzo?”. Sandro, scattò in piedi e a mo’ di film poliziesco disse: “Insegua quella gondola!”. Ormai preso dall’avvenimento dei fatti, anche il barcaiolo si calò nei panni dell’attore e disse: “Stai pur certo che non me la farò scappare, figliolo!”. Sandro, ripresosi del tutto, si unì al barcaiolo nel remare e in breve tempo ridussero il distacco fra loro e la gondola del teppista. Mentre la barca a remi si appaiava alla gondola, gli sguardi dei due scheletri si incrociarono: ormai il vandalo aveva capito che non poteva più fuggire, per cui spinse il gondoliere nel canale sottraendogli il remo di mano, pronto a usarlo come arma impropria. Sandro prese il suo remo e si mise in guardia. Il barcaiolo, che ormai era uscito di senno, urlò: “All’arrembaggio, miei prodi!”. Sandro saltò sulla gondola e lui e il suo alter ego improvvisarono una schermaglia con i remi. Mentre la sfida infuriava, alcune persone si fermarono a guardare incuriosite lo scontro fra le due figure scheletriche al centro del canale. Col passare del tempo, si raccolse un numero sempre maggiore di spettatori, fra cui molti con macchine fotografiche intenti ad immortalare l’evento assurdo. Dopo un po’ di tempo sopraggiunsero anche il Falco e il vecchio prete che si unirono alla folla, confusi dal fatto che ci fossero due scheletri e desiderosi di far luce chiaramente su ciò che era accaduto solo poco tempo prima.
Nel frattempo, il barcaiolo aveva passato a Sandro anche il secondo remo e questi spazzò le gambe dell’avversario facendolo finire dritto dentro il canale. Mentre si domandava ancora come avesse fatto ad eseguire quella manovra per stendere l’avversario, il barcaiolo iniziò a urlare come un ubriaco: “Il marrano è in mare! Abbiamo vinto, miei prodi!”. Il teppista non si diede ancora per vinto e tentò la fuga, ma il gondoliere, che aveva assistito in acqua a tutto lo scontro, lo afferrò e una volta trascinato fino al bordo del canale, lo sbatté violentemente a terra, iniziando una sequela di insulti in veneziano doc.
Sopraggiunsero poi il barcaiolo e Sandro e, nello stesso istante in cui il gondoliere tirò un’imprecazione colossale ancora seccato per il bagno mattutino, arrivarono anche il Falco e il curato, che all’udire quell’empietà alzò l’onnipresente crocifisso verso il bestemmiatore eseguendo il segno della croce e urlando: “ERESIA!”.
L’attenzione di tutti, però, si concentrò sulla figura scheletricamente vestita a terra. L’unica domanda che trapelava nel crocchio raccolto intorno a quest’ultima era: “Ma chi è?”.
Il gondoliere procedette a svestire il delinquente, abbassò la lampo e scoprì il volto del teppista: era solo un ragazzo, forse dodicenne, che una volta smascherato scoppiò a piangere.
Un’anziana signora si fece largo fra al folla e, raggiunto l’oramai non più scheletro, gli si chinò accanto consolandolo. Il Falco, squadrandola con il suo solito sguardo per metà carico d’astio e per metà strabico, le chiese: “Conosce questo piccolo vandalo?!”. Dato che la signora sembrava acconsentire alla domanda, continuò: “Deve pagarmi i danni! Mi ha rotto le finestre del negozio a sassate!”. “E ha anche imbrattato i muri della Casa di Dio!” aggiunse il curato. “E mi ha fatto finire in acqua!” continuò il gondoliere. Sandro si fece avanti per dire la sua, ma fu interrotto da uno sguardo della vecchia: “Tu non devi dire nulla, piccolo impertinente! Tu stamattina mi hai fatto finire in acqua e non ti sei nemmeno fermato a chiedere scusa o ad aiutarmi, ma te ne sei andato come se nulla fosse! E te la vuoi prendere con il mio nipotino! È un po’ vivace tutto qua, ma sotto sotto è un bravo ragazzo, vero tesorino della nonna?”. Il piccolo teppista cambiò di colpo l’espressione da diavoletto in una da angioletto, gli riuscì così bene che impietosì tutta la folla, tranne Sandro e naturalmente l’occhio vedente del Falco. ‘Guarda te che brutto pez…’ pensò l’unico scheletro rimasto. La megera intanto continuò: “Non vi preoccupate, pagherò tutti i danni, e tu moccioso maleducato impara un po’ di creanza!”.
Così Sandro, che era riuscito ugualmente a passare dalla parte del torto alla fine della vicenda, accompagnato dal barcaiolo che lo salutò con un: “Alla prossima, bucaniere!”, tornò a casa. Da una parte era sollevato dal fatto di non dover essere lui a pagare per tutto ciò che aveva commesso il suo ex alter ego, ma dall’altra si pentiva di non aver prestato soccorso a quella brutta vecchia solo un paio d’ore prima.
Erano passate solamente poco più di un paio d’ore da quando era uscito di casa, così sua madre quando lo vide entrare dalla porta gli chiese sorpresa: “Già a casa? Cos’è successo?”. Sandro la fissò in silenzio per qualche istante. “Niente, mamma. Non è successo NIENTE.” Lei era poco convinta, ma aggiunse: “Ti sei divertito almeno?”. Sandro rispose con un sorriso che puzzava di finzione a un chilometro di distanza: “Eccome! Penso che questa giornata me la ricorderò per un bel po’ di tempo!”.



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