10 modi per NON fare le crêpes!!!



Pioveva, da ore oramai.
Marco si allontanò dalla finestra sbuffando: quel tempo lo deprimeva, non ne poteva più di stare rintanato in casa, soprattutto con suo fratello in mezzo ai piedi.
Tornò in salotto e lo vide là, seduto sul divano a leggere uno dei suoi fumetti, proprio come lo aveva lasciato. Non gli andava proprio a Marco suo fratello gemello Giovanni: era un tipo troppo flemmatico e lavativo per i suoi gusti, in dodici anni di dura convivenza mai una volta che l’avesse visto affrettarsi per qualcosa! “Allora, abbiamo solamente poco più di un’ora prima che mamma torni e non sappiamo ancora che cosa regalarle per il suo compleanno! Scollati da quel divano e dammi una mano a decidere!”. Giovanni, senza agitarsi nemmeno un po’, posò il fumetto sul tavolino e si mise a riflettere in silenzio, guardando il soffitto. Nemmeno a lui andava a genio lo scalmanato e precipitoso fratello, ma ora non aveva voglia e tempo di mettersi a litigare con lui: proprio in quel giorno piovoso cadeva il compleanno della loro mamma e loro non avevano niente da regalarle. Il tempo non li aiutava di certo: con tutta quella pioggia non potevano nemmeno uscire per comperare qualcosa di carino e non potevano neanche commissionare l’acquisto al loro papà perché era al lavoro… il regalo dovevano fabbricarselo con ciò di cui disponevano in casa, ma cosa?
“Mmm… stavo pensando, Marco, che potremmo cucinarle qualcosa…”, “Ah, che idea insulsa! È la peggiore ipotesi che tu potessi fare!”, “Proponi tu allora, a me andrà bene.”. Giovanni si sdraiò sul divano, ci aveva fatto l’abitudine a quella situazione: suo fratello doveva sempre contraddirlo su qualsiasi cosa, ma tanto alla fine tornava sui suoi passi…
Dopo una buona ventina di minuti, Marco disse “… ho pensato che forse cucinarle qualcosa non è poi così una cattiva idea… non aggiungere niente altro e mettiamoci al lavoro.”, Giovanni si limitò a dipingere sulla sua faccia un ghigno da guancia a guancia.
I due si diressero in cucina e Marco riprese: “… e cosa le dovremmo cucinare, genio dei miei stivali?” “Beh, mentre tu cercavi qualche possibile alternativa alla mia, ho pensato che la mamma l’anno scorso in vacanza ha mangiato un sacco di crêpes… potremmo prepararle quelle!”. Questa volta l’altro gemello, strano a dirsi, era perfettamente d’accordo.
Marco si gettò alla ricerca della ricetta sul libro dei dolci e quando la trovò la passò a Giovanni che cominciò a leggere gli ingredienti: “Dunque ci servono: 40 grammi di burro; 250 grammi di farina; mezzo litro di latte; un pizzico di sale; tre uova; una bustina di vanillina e 60 grammi di zucchero”.

Mentre suo fratello leggeva gli ingredienti ad una velocità supersonica (la lettura era una delle poche cose per le quali la sua solita flemma scompariva), Marco cercava di raccoglierli tutti per metterli sopra la tavola, ma dalla fretta per stargli dietro fece cadere un intero contenitore di uova, una nevicata di zucchero e dopo aver preso il cartone di latte dal frigo scivolò sulle uova che si erano rotte per terra e cadendo schiacciò involontariamente il contenitore che aveva in mano facendolo esplodere. La cucina ora era tutta imbrattata di latte e nella mente di Marco risuonavano imprecazioni a tutto spiano. Giovanni, però, preso dalla lettura come non mai, aveva continuato imperterrito a divorare il ricettario non accorgendosi del disastro che era successo. Marco, infuriato com’era, andò dal gemello e gli diede uno spintone che riuscì a destarlo. Giovanni, constatando finalmente la situazione, si mise le mani tra i capelli: “Come cavolo hai fatto a sbiancare la cucina? Hai chiamato un imbianchino?” “Non mi sembra il momento di fare dello spirito, anche perché è tutta colpa tua! Vedi di fare meno l’assatanato quando leggi e vai piano!”. Marco cercò di raccattare le poche dosi di ingredienti che si erano salvate, quantità che fortunatamente erano sufficienti per fare la ricetta, pose tutto sopra il tavolo e Giovanni riprese a leggere, stavolta andando adagio per non alterare ulteriormente il fratello:

“Ponete in una ciotola dai bordi alti la farina preventivamente setacciata, un pizzico di sale e mezzo litro di latte. Lavorate il composto fino a quando sarà liscio, vellutato e senza alcun grumo.”.

“Ok Ok. Lascia fare a me!”, quindi Marco prese la ciotola, il setaccio ed il gemello ci rovesciò dentro la farina. “Ehi Giovanni, qui non si setaccia niente!”, effettivamente non scendeva quasi niente… Giovanni analizzò la situazione con la sua solita calma: “Prova un po’ a muoverlo quel setaccio…” “Ah, che idea stupida cosa vuoi che succeda se lo dimeno un po’, poi adesso ti faccio vedere che non accade nien…”. Appena Marco cominciò a muovere il setaccio, la farina cominciò a scendere tutta dentro la ciotola senza alcun grumolo, con il conseguente ghigno di Giovanni. Marco, innervositosi nuovamente, prese il sale e cercò di dosare bene il pizzico, ma mentre era impegnato in questo “delicatissimo” compito, Giovanni dopo aver dato un’occhiata all’orologio disse: “Cavoli fratello! E’ già passata quasi un’ora!”. Marco, a cui non pareva possibile fosse passato così tanto tempo, volle constatare di persona l’ora sul suo orologio da polso, ma nel farlo rovesciò una cascata di sale nella ciotola senza accorgersene. “Idiota! Sono passati solo dieci minuti! Hai guardato la lancetta sbagliata!” “Ops, hai ragione… ma stavo scherzando, non si era capito? Comunque hai messo il sale?” “No che non l’ho messo con te che mi distrai!”. Completamente ignaro di quanto sale si trovasse già nell’impasto, prese quindi un pizzico di sale facendo ben attenzione a non esagerare e lo gettò nella ciotola.
Soddisfatto per la “cura” che aveva avuto nel dosaggio del precedente ingrediente, ora Marco prese il latte e verso ciò che era rimasto nel cartone dentro l’impasto… ma gli sorse un dubbio: che fosse sufficiente? La quantità che aveva aggiunto all’impasto non lo convinceva per nulla, quindi, appena Giovanni distolse lo sguardo da lui, si prese una parte di maglietta ancora intrisa del latte precedentemente schizzatogli addosso per l’esplosione e la strizzò sopra la ciotola. Ora sì che andava bene! Decise quindi di passare al punto successivo, cioè lavorare l’impasto… anche se non aveva la minima idea di cosa volesse dire lavorare un impasto! Giovanni, vedendo lo sguardo spaesato del fratello, disse: “Ma va’, lascia fare a me!”. Quindi posò il libro di ricette e presa un frusta dalla credenza, cominciò a premerla dentro alla ciotola come aveva visto fare diverse volte dalla sua mamma. Marco, però, non poteva sopportare di essere battuto ancora una volta da quel so-tutto-io, per cui si avvicinò al fratello e tentò di levargli dalle mani la frusta per dimostrargli che anche lui sapeva lavorare l’impasto, ma Giovanni non ne voleva sapere di lasciare la presa. Quindi presero a spintonarsi e ad agitare bruscamente la frusta, e con essa una buona dose di impasto che cominciò a volare per la cucina, imbrattando pareti e gemelli. Quando questi presero atto di ciò che la loro lite stava provocando, si fermarono e constatarono i danni provocati: l’impasto era stato decimato dalla loro foga, ma in compenso quello che era rimasto era, o almeno pareva loro, liscio, vellutato e senza alcun grumo. Per cui Giovanni riprese il libro e decisero di passare al punto successivo, visto che entrambi erano d’accordo sul fatto che non serviva a niente piangere sul latte… cioè sull’impasto versato!

“In una terrina a parte sbattete con una forchetta le uova affinché si amalgamino, poi aggiungetele alla pastella e continuate a mescolare. Coprite la pastella e lasciatela riposare per almeno mezz’ora.
Sciogliete in un pentolino il burro, e poi unitelo alla pastella, mescolando ancora per amalgamare il tutto.”


‘Sbattere le uova con una forchetta? Facilissimo!’, pensò Marco. Prese una nuova ciotola dalla credenza e cominciò a sbattere le poche uova sopravvissute violentemente sopra la terrina fino a che non si ruppero tutte. Giovanni gli fece notare: “Ehi, secondo me non dovresti gettare nella ciotola anche i gusci!”. Marco fece finta di non sentire e continuò a fare imperterrito di testa sua, versando tutto ciò che aveva rotto all’interno della ciotola con l’impasto. Quindi, non trovando un coperchio o qualcosa di simile, coprì la medesima terrina con la maglietta, ancora mezza inzuppata di latte, dopo essersela ovviamente tolta. Intanto Giovanni, disgustato dall’originale modo in cui il fratello aveva coperto la pastella ed irritato dal fatto che quel testone non lo voleva ascoltare, aveva tirato fuori una pentola e l’aveva già preparata sul fuoco per poi scioglierci il burro. Marco lo guardò poco convinto e gli chiese: “Ma sei proprio convinto che il burro si sciolga così?”. L’altro sospirò e rispose seccamente: “Perché? Eri sicuro di tutto quello che hai fatto finora? No, e infatti hai continuato a fare disastri! Vedrai che se non ci metti le mani tu qualcosa di giusto verrà fuori!”. Marco rimase spiazzato e se ne stette in completo silenzio ad osservarlo, rendendosi conto che effettivamente non aveva tutti i torti…
Quando mancavano pochi minuti al termine della mezz’ora di riposo dell’impasto, Giovanni accese il fornello ed aspettò fino a quando il burro non fu abbastanza sciolto; poi lo versò all’interno del composto, il tutto mentre Marco si sentiva sempre più inutile. Giovanni si accorse dello stato d’animo del fratello e gli disse: “Dai, non fare così, vieni che manca l’ultima parte della ricetta!” e così facendo riprese il libro e la lesse:

“Ponete a scaldare sul fuoco una padella antiaderente per crêpes e quando sarà ben calda versatevi una quantità di pastella necessaria a coprire il fondo seguendo la seguente procedura: ponete la pastella al centro della padella e poi inclinandola e ruotandola, cercate di distribuirla su tutta la superficie; in alternativa potete spalmarla con un cucchiaio.
Lasciate cuocere per un minuto scuotendo la padella di tanto in tanto per fare staccare la crêpe dal fondo: non appena sarà dorata, giratela dall’altra parte e attendete che a sua volta assuma lo stesso colore.
Appena pronta, toglietela dalla padella facendola scivolare su di un piatto, e continuate così anche per le restanti, adagiandole una sull’altra a mano a mano che saranno pronte.”


“Finalmente si cucina!”, esclamò Marco, che si era ripreso dal precedente sconforto.
Tirò fuori così la prima padella che gli capitò sottomano e la mise sul fuoco. Quando gli sembrò, naturalmente a occhio, sufficientemente calda, fece un cenno a Giovanni che, presa la ciotola contenente l’impasto, cominciò a versarne delicatamente un po’. Marco, non sapendo però quanto doveva tenere la crêpe al caldo prima di girarla, andò rigorosamente a istinto. Quando gli parve sufficientemente cotta su un lato, mosse la padella come per far saltare la crêpe… per saltare, la crêpe saltò, ma Marco ci aveva evidentemente messo troppa forza, tanto che questa si spiaccicò sul soffitto e iniziò a colare giù, precisamente sopra la testa del fratello. “Ehm… com’è? Buona?” “Sì, come no…!” “Versane ancora dai, che adesso sento che ce la farò!”. Giovanni, ancora con dell’impasto semicotto che gli colava giù per una guancia, sospirando versò dell’altro impasto nella padella. Marco, però, dosò ancora male i tempi e la crêpe da poco cotta che era, stavolta lo diventò troppo e si incollò sul fondo della padella. Imprecando, Marco la prese e la lanciò dentro il lavandino della cucina insieme a tutti gli altri utensili che avevano usato quel giorno. Giovanni, contemplando la ciotola dell’impasto che aveva in mano sentenziò: “Ce n’è ancora per una sola. Non te la prendere, ma visto che a te questa cosa non riesce, ci provo io.”. Marco si capacitò del fatto che da grande non avrebbe fatto assolutamente il cuoco e lasciò l’ultima possibilità al fratello che prese una nuova padella e si fece versare l’impasto da lui. Miracolosamente la crêpe non bruciò e quando fu sufficientemente dorata da entrambi i lati era abbastanza somigliante alla figura del libro. Giovanni, dopo averla fatta scivolare su un piatto, constatò guardando l’orologio: “Manca poco più di mezz’ora all’arrivo di mamma. Direi che dobbiamo tenere la crêpe da qualche parte…”. Marco, quasi per riscattarsi dei numerosi fallimenti della giornata che portavano il suo nome, prese al volo il piatto con la loro creazione e lo mise in frigo. “La mamma quando deve conservare qualcosa lo tiene sempre in frigo, no? Quindi mettiamola qui!”. Giovanni non era molto convinto, ma per non contraddire per l’ennesima volta il gemello azzerando la sua autostima, lo fece fare.
Dopo una ventina di minuti, sentirono che un’auto entrava nel cortile e qualche istante dopo entrò dalla porta la loro mamma.
Quindi entrambi corsero davanti alla porta e dissero in coro: “Tanti auguri mamma! Abbiamo una sorpresa per te! Seguici!”. La portarono quasi di forza in sala da pranzo e la fecero sedere. Poi gli portarono davanti un piatto coperto da un vassoio. La mamma, visibilmente imbarazzata, tolse con cautela il vassoio da sopra il piatto e vi trovò la piccola crêpe, fredda e rozzamente coperta con della cioccolata. Non appena la vide, si commosse subito e abbracciò i due ragazzi dicendo loro: “Bambini miei! Avete cucinato per me! Grazie mille, siete dolcissimi! Ma… avete avuto problemi?”.
Marco e Giovanni si guardarono trattenendo ogni possibile espressione compromettente. Dopo qualche istante dissero: “Nooooooo! Figurati mammina, NESSUN problema!” “E la cucina?” “Ehm… non ti devi preoccupare mamma… abbiamo lasciato tutto com’era… o quasi!!!”.



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