Showtime!

CAPITOLO 5


Beretta M9


La mattina seguente, William accompagnò Alex al college e lo scortò fino alla sua aula. Sceso dalla Bentley del direttore aveva notato, dirigendosi verso la scuola, l’aumento della sorveglianza: arrivò a contare una ventina di persone fra responsabili della sicurezza e agenti. Perfino nel bel mezzo delle lezioni vi erano poliziotti che entravano per alcuni minuti e poi se ne andavano, per ritornare nemmeno mezz’ora dopo. Più che in una scuola, sembrava di essere in una caserma o addirittura in un carcere.
Nella pausa pranzo, William rimase incollato ad Alex. Il ragazzo si sentiva quasi oppresso dalla sua presenza, ma capiva che era la cosa migliore per lui. Verso sera, però, nell’ultima ora scolastica, accadde qualcosa di imprevisto: la sirena dell’allarme antincendio iniziò a suonare e tutti furono costretti ad evacuare l’edificio. Nel cortile tutti gli studenti erano ammassati, in attesa del via libera per rientrare. Ad Alex venne un’improvvisa preoccupazione: e se l’allarme fosse un pretesto per giungere a lui inosservati? D’altra parte, in mezzo a tutta quella folla di gente, chiunque avrebbe potuto eludere la sorveglianza. Cominciò a guardarsi attorno, nervoso, cercando di cogliere qualsiasi movimento sospetto, ma non era facile: tutti cercavano di farsi spazio attorno a lui. Fu preso dal panico, qualcosa dentro di lui gli diceva che tutta quella confusione aveva come unico obiettivo il suo rapimento, o peggio la sua uccisione… e le sue previsioni si avveravano sempre al novantanove per cento. Pregò per quell’uno per cento. Alcune guardie gli si avvicinarono e una di loro gli disse: “Il direttore William vuole che tu lo raggiunga immediatamente, vieni con noi.” Le seguì, rincuorato. Si avviarono insieme verso il campus, ma, una volta che ebbero lasciato alle loro spalle gli studenti ammassati fuori dal college, gli agenti deviarono prendendo la strada che portava al parco del Moreton. Alex era perplesso, quella via non portava a casa del direttore. Non si sentiva più così al sicuro, c’era qualcosa nell’aria… un altro pensiero orrendo prese forma nella sua testa. Dai cespugli ai margini del viale uscirono allo scoperto alcuni uomini in nero e simultaneamente le guardie estrassero le pistole dalla fondina e si girarono verso Alex, puntandogliele contro. Lo pseudo - agente che in precedenza gli aveva detto di seguirlo disse: “Una sola mossa falsa, e ti facciamo fuori. Non esiteremo un secondo, ti avverto.” Pensò subito che probabilmente delle guardie erano in realtà coloro che avevano tentato di ucciderlo appena ventiquattro ore prima. Non riusciva a credere di saper elaborare pensieri così lucidi in una situazione tale, ma adesso doveva preoccuparsi d’altro. “E ora? Che mi succederà?”. Alex si sentiva di poter scoppiare a piangere come un poppante da un momento all’altro. Procedettero fino al parcheggio del college e lo spinsero all’interno di una Mustang rossa. Proprio in quel momento sopraggiunse un’auto nera ad altissima velocità, scagliandosi sui rapitori rimasti nel parcheggio. Questi non ebbero nemmeno il tempo materiale di mirarla con le loro Desert Eagle che furono investiti. I pochi uomini in nero rimasti illesi estrassero le loro mitragliette Uzi, ma un passeggero dell’auto misteriosa aprì il fuoco tempestivamente sui pochi sopravvissuti con una Beretta M9. Alex, che nel frattempo si era nascosto dietro la Mustang, lasciò la sua postazione solo quando non udì più alcuno sparo. Vide l’auto del suo salvatore ma, complici lo shock emotivo, gli spari, le vittime, il polverone alzatosi, non la identificò di primo acchito. In quel caos, l’unica cosa che riuscì a realizzare era che la portiera posteriore dell’auto si era aperta. Quasi meccanicamente, inconscio del fatto che sarebbe potuto finire dalla padella alla brace, salì a bordo… anche perché forse peggio di così difficilmente poteva andare. Voleva allontanarsi a tutti i costi da quella carneficina.
L’auto partì a tutta velocità e imboccò immediatamente la tangenziale. Dopo qualche minuto qualcuno domandò: “Tutto ok?”. Quella voce, come era avvenuto non tanto tempo prima, lo risvegliò e lo riportò alla realtà. Catapultò la sua attenzione sull’autista, e vide quello che si aspettava e sperava: il suo salvatore, William, che guidava comodamente la sua Bentley.



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2 commenti:

  1. In questa storia hanno tutti delle auto stratosferiche cavolo!
    Tanto per cambiare, vi dico che il capitolo mi è piaciuto, già dal titolo SHOWTIME eravate partiti benissimo per me! Aspetto con ansia il sesto per sapere chi sono i misteriosi rapitori e perché ce l'abbiano con Alex.
    L'unico appunto, se posso permettermi, è per la frase "Verso sera, però, nell’ultima ora scolastica, accadde qualcosa di imprevisto: ... " dove, secondo me, "nell'ultima ora scolastica" è un po' fastidioso e sarebbe meglio scrivere "durante l'ultima ora scolastica".
    Per il resto tutto ok!

    Federica Magnabosco

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  2. Oddio Federica ci hai riempito di commenti!! Ci fa molto piacere, ade ti rispondo anche per il precedente, mentre per quello nel terzo capitolo ti ho risposto separatamente. Per quanto riguarda il quarto capitolo, prende sicuramente di più rispetto ai precedenti, anche perchè sale la suspense... a mio avviso questo sarebbe un racconto da leggere tutto d'un fiato e non un capitolo alla settimana come purtroppo avviene per ovvi motivi tecnici. Nei primi il mitico Carlan si è limitato a fare una specie di lunga introduzione: è da adesso che parte lo "showtime"!!! Per il quinto, a dire il vero devo ancora fare la seconda revisione, perchè devi sapere che devo per forza fare una prima correzione tanto per rendere "comprensibili" e scorrevoli le contorte frasi del nostro creativo (senza offesa Gian Marco! Tu le idee, io la forma, è anche giusto che sia così sennò mi annoierei!!!); mentre in seguito lo riguardo e metto i puntini sulle "i". Comunque posso solo dirti che non ho scritto di proposito "durante l'ultima ora scolastica" in quanto un "durante" c'è appena nella riga sopra o poco ci manca. Odio le ripetizioni. Ecco, comunque grazie del consiglio, cercherò di riscriverla con altre parole, così magari stonerà meno.
    Luca Mattarolo

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