Quando il deserto si dipinge di rosso...

CAPITOLO 7



Bell-Boeing V-22 Osprey


Non appena l’ultimo passeggero fu salito a bordo, l’elicottero da trasporto decollò scortato dagli altri due. Si allontanarono rapidamente. John non era tranquillo e continuava a scrutare la villa col binocolo come se si sentisse che stava succedendo qualcosa. Infatti: “Merda, sono arrivati i loro rinforzi! Fortunatamente siamo riusciti a metterci in salvo, ma c’è il rischio che scoprano qualcosa se setacciano la villa.”. William estrasse un piccolo telecomando dalla tasca della giacca: “Non preoccuparti, avevo già previsto questa eventualità. Non ne avranno il tempo.”. Detto questo premette un pulsante e Alex sentì un susseguirsi rapido di esplosioni. Quando guardò fuori dal finestrino era già tutto finito: al posto dell’edificio era rimasto un enorme cumulo di macerie. “Nessuno sopravvissuto. Speriamo che la polizia locale non si sconvolga troppo.”, disse l’agente Harris, guardando nuovamente con il binocolo.
Qualche minuto dopo il pilota informò i passeggeri: “Raggiungeremo la flotta Task Force 16 fra due ore abbondanti. La portaerei USS Abraham Lincoln si trova a trecento chilometri a ovest dalla costa francese della Bretagna.”. “Perfetto. Ottimo lavoro.”, disse John.
Nonostante il rumore assordante dell’elicottero, Alex non poté desistere dall’addormentarsi. Gli avvenimenti degli ultimi giorni lo avevano stremato veramente. Christine invece si limitò a guardare il mare che si avvicinava pian piano dai finestrini dell’elicottero.
Al suo risvegliò, Alex notò la gigantesca mole della portaerei che si ergeva sulla linea dell’orizzonte. Gli elicotteri atterrarono quando ormai era cominciato ad imbrunire e i passeggeri furono accolti da un militare pluridecorato, abbastanza anziano, e con il volto austero, che si presentò: “Piacere. Sono l’ammiraglio Morrison. Dovrò fare in modo che veniate scortarti tutti e quattro in Africa. Questo è quanto”. “Africa?” pensò Alex “Che diavolo ci andiamo a fare? Che vogliano portarci dai miei genitori? No, così rischiamo di coinvolgere anche loro!”. William si mise a discutere con l’ammiraglio: “Come arriveremo in Africa? Gli elicotteri non hanno autonomia sufficiente e con la nave ci metteremo troppo tempo.”. “Lasci fare a noi.” rispose Morrison “Abbiamo preparato un mezzo adeguato al viaggio che dovrete compiere. Per il momento andate a riposare nelle vostre stanze, vi servirà. Domani mattina signor William, prenda i due ragazzi e prosegua accompagnato dal guardiamarina Stuart che la aspetterà fuori dalla sua camera. Agente Harris, lei invece dovrà raggiungermi nella sala comando.”. Date le direttive, Morrison si allontanò, gli altri si ritirarono come era stato loro ordinato. La mattina seguente il marinaio aspettò i tre e li portò in una parte della pista di atterraggio completamente sgombra da aerei e parlò con un altro suo commilitone: “Tra quanto arriva il V-22 dalla portaerei Enterprise?”. Dopo aver scrutato il cielo, questi si limitò ad indicare con l’indice della sua mano una macchia bianca che s’avvicinava in mezzo a quell’infinita distesa d’azzurro. Era molto più grande di un elicottero, ma più piccolo di un normale aereo di linea. William esortò i ragazzi: “Prendete posto. Partiremo non appena Harris sarà di ritorno.”. Alex entrò per primo, ma c’era già un passeggero. Non poteva crederci: era proprio suo fratello Brian in carne e ossa! Si lanciò su di lui, qualche lacrima di gioia cominciò a scendere sulle sue guance. “Credevo ti avessero rapito! Dove diavolo sei stato?”. “ Ero sotto la protezione dei militari, non preoccuparti fratellino. É stata sparsa la voce del mio rapimento al fine di far credere all’organizzazione che vi è anche qualcun altro interessato alla nostra famiglia, ma evidentemente da me quelli non vogliono proprio niente. Ti hanno messo al corrente di quello che è successo a mamma e papà?”. “No, non ne so niente. Per favore non darmi brutte notizie, almeno tu…”. “Mi spiace, ma i nostri genitori sono stati rapiti e ora l’organizzazione misteriosa li tiene come ostaggi. Per questo adesso voleremo in Africa presso il sito archeologico dove stavano lavorando. Tenteranno di liberarli, speriamo che tutto vada per il meglio…”. Alex cercò di farsi coraggio e si sedette accanto al fratello. Harris ritornò: indossava una divisa da marine con un giubbotto antiproiettile e portava un fucile d’assalto M16 a tracolla assieme all’immancabile Beretta M9 in una fondina sulla cintura. Insieme a lui entrarono anche alcuni soldati armati pressappoco nel medesimo modo. Presero tutti posto e l’aereo decollò.
Nel giro di tre ore e mezza stavano già volando sopra la costa mediterranea dell’Algeria. John parlava a voce bassa con William e per gli altri passeggeri era impossibile captare la parole che si scambiavano. “Anche al governo locale la presenza di quegli individui risulta molto scomoda, e quando hanno scoperto che tengono in ostaggio alcuni civili americani hanno ancora più voglia di sbarazzarsene. Hanno provato a negoziare con loro, ma visto che le trattative si sono concluse con un nulla di fatto, ci hanno chiesto di intervenire militarmente. Il loro esercito li sta già tenendo occupati: noi dovremo cercare di passare inosservati, liberare i genitori dei ragazzi laggiù e portare tutti al sicuro. “Ok John, concentriamoci adesso, non possiamo fallire.”. Arrivati all’aeroporto di Mascara-Ghriss, situato una cinquantina di chilometri a ovest di Oran, finalmente l’aereo entrò in fase di atterraggio. Una volta sbarcati a terra, l’equipaggio salì su una jeep militare Wrangler YJ diretti verso il luogo degli scontri. Fecero un’ultima sosta di rifornimento alla città di Tlemcen. Dopo altre due ore circa di viaggio, Alex udì già in lontananza dei rimbombi provocati da armi da fuoco: la battaglia tra l’esercito algerino e l’organizzazione era in corso. Con una frenata improvvisa la jeep si bloccò. Ma cosa stava succedendo? Erano stati intercettati. I marines non fecero nemmeno in tempo a preparare l’equipaggiamento a terra che degli uomini in nero avevano già circondato il veicolo. Sorprendendo tutti, uno di loro uscì dal gruppo e immobilizzò le braccia di Alex. William fece per gettarsi in suo soccorso, ma l’uomo gli puntò la pistola contro: “Un solo movimento, e ti ammazzo!”. Si dovette fermare. I nemici erano veramente troppi, e se nemmeno l’esercito locale bastava a fermarli come avrebbe potuto farlo un contingente così ridotto? L’uomo che teneva Alex indicò a suoi scagnozzi di sabotare la jeep e di togliere le armi ai marines. Finito il lavoro e ottenuto ciò che volevano, il capo della banda criminale fece per andarsene, ma poi fissò nuovamente William: “Come puoi rimanere impassibile di fronte alla nostra potenza? Inginocchiati, bastardo, avanti!”. La pazzia era come improvvisamente entrata nella sua testa. Di fronte al rifiuto categorico dell’agente, imprecò: “Ora la pagherai!”. Gli punto la pistola contro e premette il grilletto, ma prima che il proiettile lo centrasse, imprevedibilmente Christine si gettò a protezione del padre e fu colpita in pieno. Il sangue cominciò a zampillare dalla ferita e macchiò di scarlatto la sabbia del deserto. Il grido di William si mischiò a quello di Alex, creando un angosciante verso quasi disumano. L’assassino non ritentò il colpo e se andò con un ghigno malefico: il suo obiettivo lo aveva raggiunto ugualmente, anzi, ciò che era successo era peggio di una pallottola conficcata nelle cervella. William si gettò a terra, piangendo sul cadavere della sua unica figlia. Infine si maledisse di non essere lui quello disteso inanime a terra.



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2 commenti:

  1. il titolo è sbagiato...non è desetro...

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  2. Non si scrive nemmeno "sbagiato" se è per questo... e poi è scritto giusto "deserto" se noti!
    Gian Marco

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