Informatori

CAPITOLO 2



Peckham, Londra (Regno Unito)


H rimase nel suo ufficio per un tempo indeterminato, mangiando pizza e meditando sul da farsi. La prima cosa che aveva imparato da quando si era messo in proprio era che non bisognava mai fidarsi di nessuno, soprattutto dei clienti. Gli era già capitato infatti che, una volta concluso un caso simile per un’altra famiglia danarosa, questa avesse tramato per farlo sparire dalla circolazione. Spesso arrivava a carpire informazioni compromettenti e quegli aristocratici non vedevano di buon occhio la cosa. Truffe, omicidi velati e altri scandali, ce n’erano per tutti i gusti, tanto che se H avesse fatto il ricattatore non avrebbe più tanti problemi economici. Solo che non era nel suo stile essere così vile, ma i lord per non sbagliare commissionavano spesso il suo omicidio.
Comunque sia, da quando H aveva rischiato la pelle la prima volta, ha smesso di usare il suo vero nome. Si fa conoscere solo come H dai suoi clienti, soprannome derivato dal modello di fucile d’assalto che usava nelle “grandi occasioni”: lo Scar-H.
Finita la pizza, si alzò, prese il cappotto e uscì. Si avviò nel garage sotterraneo. Le cose al mondo che piacevano ad H, forse ancor più dei soldi e delle sue armi, erano le auto. Prima fra tutte la sua Aston Martin DB9, che aveva ricevuto come ricompensa per un lavoro svolto tempo prima. Salì e la mise in moto: “Eccoci qua, piccola. Abbiamo un altro lavoretto da fare, sei contenta?”.
Uscì dal parcheggio del suo ufficio situato in Piccadilly Circus e si avviò verso il quartiere di Peckham, nel sud di Londra. Era un viaggetto abbastanza lungo, ma l’UNICA persona che poteva aiutarlo abitava proprio in quel quartiere malfamato.
H non conosceva molte persone fidate in città. Una di quelle era proprio lei, Cheryl, una ragazza americana che si era trasferita a Londra dagli States, proprio come lui. A dire la verità, poca gente entrava in confidenza con H. Era un tipo molto strafottente con cui era difficile discorrere senza infuriarsi. Se disgraziatamente questo avveniva e qualcuno tentava di passare alla mani contro di lui, H aveva l’abitudine di piombarlo sul posto senza pensarci due volte.
Era un vero duro, forgiato dall’estenuante addestramento dei Rangers. Sostanzialmente era allegro e spensierato, ma quando era in servizio diventava un sicario esperto e temibile, che insegue la sua preda fino a braccarla e ad eliminarla senza pietà.
Fisicamente, però, non era un body-builder dai muscoli scolpiti e difficilmente si cimentava nel combattimento corpo a corpo.
Secondo la sua amica Cheryl, una delle poche persone che riusciva a parlarci insieme senza diventare un colabrodo, H avrebbe potuto fare strage di cuori se avesse messo la pistola da parte.
Aveva i capelli neri che teneva sparati in ogni direzione usando dosi sconsiderate di gel. Gli occhi erano di un azzurro chiarissimo, simile al ghiaccio, ma lui li nascondeva sempre dietro un paio di occhiali da sole. Non li toglieva praticamente mai, se non per sostituirli con una paio a visione notturna quando decideva di fare il cecchino alle due di mattina. Era di corporatura normale, molto alto, e l’espressione che aveva solitamente faceva trasparire la sua quasi totale mancanza di fiducia verso il prossimo. Scettico, diffidente, arrogante. Per mimetizzarsi meglio con la notte, anzi il suo regno come amava definirlo, indossava sempre un trench di pelle nera bordato di rosso.
Ormai era quasi arrivato. Si fermò a un parcheggio pubblico fuori Peckam. In certi quartieri era meglio evitare di transitare con macchine del genere: non era il classico luogo consigliato dalle guide turistiche. Prese un autobus e arrivò davanti alla casa dell’amica. Busso tre volte a intervalli di un secondo, segnale che si erano accordati di fare tempo prima. Una voce femminile si udì da dentro l’appartamento: “H… sei tu? Entra, muoviti.”.
Concisa e sbrigativa. Ecco in due parole illustrata la personalità di Cheryl. Una donna molto bella e affascinante. Capelli neri portati corti su un viso perfetto. Non molto alta ma tutto di lei era proporzionato. Un fisico atleti e una carnagione ambrata. “Cosa spinge fin qui il mio criminale preferito?”. Anche H non era di molte parole: “Informazioni, e so che tu puoi darmene quante ne voglio.”. Lei lo fissò per un po’, poi disse con quel mezzo-sorrisetto che H odiava a morte: “Se sai che posso dartene quante ne vuoi, sai anche che le informazioni hanno il loro costo.”. L’ex Ranger sospirò: non sopportava i prezzi esagerati che quella maledetta ragazza gli proponeva, ma d’altra parte era una garanzia e la migliore che avesse mai trovato. “ Mi servono informazioni sulla famiglia Leichester. Mi hanno appena affidato un lavoretto, ma non mi fido di quei ricconi… Voglio sapere se c’è qualcosa sotto per cui possa rimetterci la pelle.”.
Lei ci pensò un attimo e poi disse: “I Leichester sono una famiglia abbastanza in vista qui a Londra, non sarà facile entrare sui siti che li riguardano. La cosa potrebbe costarti molto…”. ‘Potrebbe costarmi molto… sai che novità…!’, H se lo immaginava, per lei tutte le famiglie della città erano in vista! “Beh, adesso me ne vado. Ti pagherò non preoccuparti, ma fai in fretta. Conto su di te. Buon lavoro.”. Fece per andarsene. “Te ne vai di già?” chiese Cheryl. “Sì, non ho tempo da perdere.”.
Questa risposta la innervosì un po’, ma non aggiunse altro. Lo conosceva abbastanza bene e H non era uno che “perdeva tempo”.
Uscendo sulla strada, controllò d’istinto che la pistola fosse ancora nella tasca. Si sentiva più sicuro a tenerla in mano la sua Px4 in posti come quello. Si guardò intorno circospetto. Notò che il quartiere era completamente deserto e si avviò verso la fermata dell’autobus. Controllò distrattamente l’orologio per aggiornarsi su quanto tempo fosse passato. C’era poca luce, però, e non riusciva a vedere che ore segnassero le lancette.
Improvvisamente il quadrante di vetro si illuminò per il riflesso delle luci dei fari di un’auto. H si voltò e vide che un grosso SUV si stava avvicinando, puntando ad alta velocità contro di lui.



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